MIART 2012
Joel Peter Witkin, “Catrina New Mexico”. Courtesy Ca’ di Fra’
MIART 2012
Senza scandali e provocazioni, la 17ª Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea si fa promotrice dell’arte autentica
di Luca Maffeo, il 09/04/2012
Mentre nel cortile milanese del “Sole 24 ore” si avviava l’ennesimo scandalo artistico dovuto alle provocazioni di Alessandro Acerra, la sera del 25 marzo si inaugurava la 15ª edizione del MiArt, fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea, ospitata nei Padiglioni 3 e 4 di fieramilanocity.
Certo è che diventa difficile giudicare il valore di un’opera quando l’arte si riduce ad un complesso di manichini disposti qua e la e avvolti da una poetica presunta, la quale dovrebbe far riflettere, assumendosi le responsabilità di un interrogativo, tralasciando, però, la qualità. Ed è vero anche il contrario, quando si dà la possibilità di osservare opere affatto prive di valore estetico, eppure completamente vuote. Così, di fronte all’alternativa posta dalla nostra situazione attuale, secondo la quale o si crea o si afferma, scemano i tempi in cui i contenuti dell’arte venivano trasmessi mediante la qualità formale delle opere. E se l’obbiettivo rimane quello del far parlare di sé, Acerra ci è riuscito. Davanti all’uomo sepolto sotto un cumulo di quotidiani, la giuria era stata clemente e l’aveva selezionato per essere installato presso la sede del noto quotidiano economico, ma, dopo la presentazione ufficiale, se ne è pentita, giudicandolo scomodo, forse offensivo, a tal punto da farlo rimuovere. Non dimenticando che lo stesso Acerra era presente al MiArt 2009, tuttavia stona se paragonato alla ricerca formale e ideale, presente e innegabile, almeno come tentativo, al MiArt di quest’anno.
Certo è che diventa difficile giudicare il valore di un’opera quando l’arte si riduce ad un complesso di manichini disposti qua e la e avvolti da una poetica presunta, la quale dovrebbe far riflettere, assumendosi le responsabilità di un interrogativo, tralasciando, però, la qualità. Ed è vero anche il contrario, quando si dà la possibilità di osservare opere affatto prive di valore estetico, eppure completamente vuote. Così, di fronte all’alternativa posta dalla nostra situazione attuale, secondo la quale o si crea o si afferma, scemano i tempi in cui i contenuti dell’arte venivano trasmessi mediante la qualità formale delle opere. E se l’obbiettivo rimane quello del far parlare di sé, Acerra ci è riuscito. Davanti all’uomo sepolto sotto un cumulo di quotidiani, la giuria era stata clemente e l’aveva selezionato per essere installato presso la sede del noto quotidiano economico, ma, dopo la presentazione ufficiale, se ne è pentita, giudicandolo scomodo, forse offensivo, a tal punto da farlo rimuovere. Non dimenticando che lo stesso Acerra era presente al MiArt 2009, tuttavia stona se paragonato alla ricerca formale e ideale, presente e innegabile, almeno come tentativo, al MiArt di quest’anno.
Il confronto con la storia
lo scopo di una fiera dovrebbe essere il mercato. Promozione ed esposizione di tele, sculture e installazioni all’avanguardia, di facile interesse per il collezionista o semplice appassionato. Tuttavia ciò che ha caratterizzato la fiera milanese dell’arte contemporanea, e dunque la possibilità di far conoscere artisti più o meno quotati in Italia e all’estero, è ribaltata dall’atteggiamento stesso di artisti e galleristi tesi, più che al mercato, a concepire la propria attività come mezzo generatore e luogo di novità. Un atteggiamento ricordato nelle parole dell’assessore alla cultura della provincia di Milano Novo Umberto Maerna, che, citando Ungaretti, ha detto: “Il miracolo dell’arte non è il linguaggio, ma la tensione che lo anima”. Una tensione lecita, degna dei Salon parigini, quando le nuove proposte quasi sconosciute e rifiutate si scornavano con la grande accademia, ignorandone la discendenza e la paternità. Assume dunque più significato la possibilità di vedere esposte tra le pareti della Galleria Blu i volti dipinti dal Picasso maturo, parallelamente alle dolci e materne “natività” di Federico Guida, proposto nella sezione storica, sempre affascinate e mai demodé. Un contemporaneo che si guarda le spalle per fare passi in avanti; non si può lasciare solo al caso o ad una convenienza di mercato l’accostamento, quanto mai assurdo, di alcune fotografie della serie italia del sud, scattate da Giacomelli tra il ’64 e il ’66, e le aberrazioni corporee e morali proposte negli scatti di Nabuyoshi Araki e Joel Peter Witkin (Ca’ di Fra’).
La fiera d’arte tra avanguardia e innovazione
Tra le 141 gallerie partecipanti, di cui solo 11 straniere, una nota di merito va alle nuove proposte, sempre presenti al MiArt e mai con la paura di uscire allo scoperto. Da menzionare sono le sculture dal gusto raffinato di Matteo Negri, in expo ormai da qualche anno con lo stand della Fabbrica Eos. Già ad un primo colpo d’occhio la serie, intitolata L’Ego, si offre in tutta la sua bellezza estetica e valoriale, presupposta da un lavoro a dir poco artigianale che, pur richiamando i ludici blocchi di plastica prefabbricati, non disdegna la fattura tutta in ferro battuto e bronzo fuso. Nota di merito anche alle “sculture fotografiche” di Michal Macku (Galleria Jarch), che dopo le foto “strappate” ottenute mediante l’eliminazione della gelatina d’argento dall’emulsione fotografica, traspone ora e nelle opere più recenti l’emulsione su lastre di vetro sovrapposte, arrivando alla tecnica del glass gellage, con la risultante di una fotografia tridimensionale.
Un’esposizione, quindi, a tutti gli effetti contemporanea, in rapporto continuo non solo con il passato, ma con il proprio tempo. Confronto cercato e voluto da gallerie quali Analix Forevere di Ginevra, dove l’arte gioca con la moda e fa del connubio artista-stilista una virtù di gusto e tendenza. Ecco la novità, la tradizione e l’avanguardia, inquadrata dalle costellazioni cittadine di Grazia Toderi, dai decollage di Miguel Olivares fino alla filiforme scultura di Alex Pinna: giacomettiano uomo che cammina sui bilico della sua consistenza.
Un’esposizione, quindi, a tutti gli effetti contemporanea, in rapporto continuo non solo con il passato, ma con il proprio tempo. Confronto cercato e voluto da gallerie quali Analix Forevere di Ginevra, dove l’arte gioca con la moda e fa del connubio artista-stilista una virtù di gusto e tendenza. Ecco la novità, la tradizione e l’avanguardia, inquadrata dalle costellazioni cittadine di Grazia Toderi, dai decollage di Miguel Olivares fino alla filiforme scultura di Alex Pinna: giacomettiano uomo che cammina sui bilico della sua consistenza.
Gli eventi del MiArt 2010
Sono molti gli eventi che hanno accompagnato in questa ultima edizione gli artisti e i galleristi presenti al MiArt 2010. Al padiglione 3 sono state allestite due sale con l’obbiettivo di mettere in scena il De Arte Disputatio, in cui curatori, critici, storici dell’arte e mercanti hanno potuto riflettere, confrontarsi e dialogare su progetti, proposte o mostre realizzate, aventi come obbiettivo comune l’attualità del fare arte. Si ricordano così convegni come Iter artem et elegantiam peregrinationes, durante il quale Goshka Macuga e Zowie Broach hanno potuto scoprire gli orizzonti investigativi comuni ad artisti e fashion designer. Non da meno è stato Wonderland - Arte nuova da Londra, conferenza alla quale hanno partecipato Polly Morgan, Oliver Clegg, Sam Buxton e Bridget Hugo, i quali hanno introdotto una nuova tendenza artistica inglese basata sulla ricerca storica, storico-naturale, scientifica e futurologica.
Non è mancato poi il made in Italy con la presentazione di Twister, rete musei lombardi per l’arte contemporanea. Progetto promosso dalla Regione Lombardia e coordinato dalla Gam di Gallarate, per il quale, da una selezione iniziale di sessanta artisti internazionali sono stati scelti dieci artisti per dieci musei lombardi, con l’intento di dare fermento culturale a realtà diverse e territorialmente unite.
Non è mancato poi il made in Italy con la presentazione di Twister, rete musei lombardi per l’arte contemporanea. Progetto promosso dalla Regione Lombardia e coordinato dalla Gam di Gallarate, per il quale, da una selezione iniziale di sessanta artisti internazionali sono stati scelti dieci artisti per dieci musei lombardi, con l’intento di dare fermento culturale a realtà diverse e territorialmente unite.
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